Ascensione del Signore

Parola di Dio

At 1,1-11: Fu elevato in alto sotto i loro occhi
Sal 46; R. Ascende il Signore tra canti di gioia
Ef 4,1-13: Raggiungere la misura della pienezza di Cristo
Mc 16,15-20: Il Signore fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio

 

Commento

Nella Festa dell’Ascensione del Signore dell’anno B il brano evangelico (Mc 16,15-20) è tratto dalla conclusione lunga del Vangelo di Marco, dove si narra l’episodio dell’Ascensione di Gesù, insieme al mandato ai suoi discepoli. Nella prima lettura (At 1,1-11), fissa in ogni ciclo liturgico, troviamo la narrazione del medesimo evento secondo gli Atti degli Apostoli. La seconda lettura (Ef 4,1-13) mostra il mistero dell’Ascensione del Signore come meta a cui il credente tende e lo lega alla vita della Chiesa che oggi attraversa la storia dell’umanità.

La finale lunga di Marco, certamente di mano differente rispetto al resto del Secondo Vangelo, presenta le apparizioni del Risorto (Mc 16,9-14), omesse nella lettura liturgica di questa festa, un discorso di invio di Gesù rivolto ai suoi discepoli (Mc 16,15-18), il racconto dell’Ascensione del Signore con il riferimento alla messa in atto da parte dei discepoli delle sue parole.

L’Ascensione del Signore potrebbe apparire come la fine di una lunga storia iniziata in Galilea sulle rive del lago mentre alcuni pescatori rassettavano le loro reti dopo la pesca. In realtà ci troviamo davanti a un nuovo inizio: non termina una storia, ma la storia riparte per far giungere il Vangelo all’intera creazione. Così iniziava il Vangelo di Marco: «Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio» (Mc 1,1); ora, al termine dello stesso, si afferma che questo «evangelo», che ha assunto un volto umano lungo le strade della Galilea e della Giudea, deve raggiungere «ogni creatura» (Mc 16,15). Non è sufficiente che raggiunga ogni uomo e donna: deve arrivare alla creazione intera che, come afferma Paolo, attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio (cf. Rm 8,19). Con l’Ascensione non abbiamo una fine, ma un inizio: colui che sale alla destra di Dio, ora può riempire di sé tutte le cose (Ef 4,10).

Nel Vangelo di Marco, a differenza di quanto ci si attenderebbe, vengono poi elencati da Gesù una serie di segni che accompagneranno coloro che accoglieranno l’annuncio dei missionari. Il Vangelo si diffonde in coloro che sapranno accoglierlo e crederanno, si mostrerà con dei segni concreti e visibili: «Scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16,17-18).

Innanzitutto colui che sarà raggiunto dal Vangelo e lo accoglierà continuerà e prolungherà nella sua vita le opere di Gesù. In secondo luogo parlerà lingue nuove, sarà come il suo maestro: chi l’ascoltava sentiva una parola nuova insegnata con autorità (cf. Mc 1,27). Il terzo segno consisterà nella vittoria sulla morte. Anche in questo caso si tratta di un segno che ha caratterizzato la vita di Gesù stesso. Inoltre, se sarà raggiunto da qualche veleno, non ne riceverà alcun male, perché il suo tesoro è tale che né tignola né ruggine potranno mai consumarlo (cf. Mt 6,19-20), né ladri rubarlo. Infine, il quinto segno, sarà la guarigione dei malati. Come Gesù, coloro che crederanno, sapranno alleviare la malattia di ogni uomo e donna; se altri potranno far loro del male, essi invece porteranno solo guarigione e consolazione.

Il brano del Vangelo termina con il racconto dell’Ascensione di Gesù che lascia i suoi discepoli per andare alla destra del Padre; si conclude con un sommario che descrive l’azione della Chiesa che esegue fedelmente le parole con le quali il Signore risorto l’ha inviata ad ogni creatura. L’annuncio del Vangelo non è opera solamente umana. Il Signore asceso al cielo non ha abbandonato i suoi discepoli ma opera insieme a loro: «Il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano» (Mc 16, 20). I segni di cui il Vangelo parla diventano quindi il criterio di discernimento sull’autenticità dell’azione e dell’annuncio della comunità cristiana.

L’annuncio del mistero dell’Ascensione del Signore non è un invito a guardare il cielo – «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?» (At 1, 11) – ma ad andare per le vie del mondo come uomini e donne trasformati dall’incontro con Gesù con la consapevolezza che il Signore agisce insieme ai suoi discepoli. La seconda lettura mostra come l’Ascensione di Gesù costituisca anche l’indicazione della meta alla quale tutti sono chiamati. Gesù è asceso al cielo non per abbandonare i suoi discepoli, ma «per essere pienezza di tutte le cose». Fondandosi su questa nuova presenza del Signore nell’azione dei suoi discepoli, ogni credente può comprendere la speranza alla quale è stato chiamato (Ef 4,4), la vocazione di ogni uomo, di arrivare tutti «all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo» (4,13).