Giovedì Santo – Messa in Cena Domini

Parola di Dio

Es 12,1-8.11-14: Prescrizioni per la cena pasquale
Dal Sal 115: R. Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza
1Cor 11,23-26: Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore
Gv 13,1-15: Li amò sino alla fine

Commento

La messa In Cena Domini va considerata come il prologo dei tre giorni santi. Come nei Vangeli i racconti dell’ultima cena – istituzione dell’eucaristia nei Sinottici e lavanda dei piedi in Giovanni – hanno la funzione di essere profezia e annuncio della morte di Gesù in croce, così la celebrazione del Giovedì santo diventa chiave interpretativa degli eventi di passione, morte e risurrezione che saranno celebrati nei tre giorni pasquali.

La liturgia della Parola di questa celebrazione è caratterizzata dalla proclamazione del racconto della lavanda dei piedi, secondo il Vangelo di Giovanni (Gv 13,1-15), e dal racconto dell’istituzione dell’eucaristia che Paolo riporta nella Prima Lettera ai Corinzi (1Cor 11,23-26). Entrambi i testi hanno la funzione di introdurci nel mistero pasquale rivelando il senso più vero dei fatti ambigui e contraddittori che accompagneranno la passione, morte e risurrezione di Gesù. Il brano della prima lettura (Es 12,1-8.11-14) crea un collegamento tra l’inizio del Triduo pasquale e la Pasqua ebraica. In questo modo gli eventi della morte e risurrezione di Gesù ricevono un’ulteriore interpretazione e possono essere letti in continuità con l’agire di Dio che nella storia si manifesta come salvezza e liberazione.

La lavanda dei piedi ha la funzione di introdurre nei racconti della passione di Gesù. Che cosa vuole dire ai suoi discepoli Gesù compiendo questo gesto così sorprendente? Ci sono state molte proposte di interpretazione del gesto di Gesù, ma in realtà, ciò che Gesù compie, senza peraltro escludere le altre sfumature che il gesto della lavanda può avere, ha un senso principalmente pasquale e rivela la logica della sua vita e quella che egli indica ai suoi discepoli.

Questa decifrazione del testo la troviamo leggendo con attenzione il dialogo tra Gesù e Pietro. Quando Gesù, che sta lavando i piedi dei discepoli, arriva a Pietro, il primo dei Dodici ha una reazione che ci sorprende. Egli afferma: «Tu non mi laverai i piedi in eterno» (Gv 13,8). C’è una ferma chiusura di Pietro nei confronti del gesto incomprensibile del maestro. Gesù allora ribatte: «Se non ti laverò, non avrai parte con me» (Gv 13,8). Solo dopo queste parole di Gesù Pietro si lascia lavare i piedi e afferma: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo» (Gv 13,9). A questo punto troviamo una frase di Gesù decisiva per la comprensione del testo: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti!» (Gv 13,10).

Pietro, come quando Gesù annunciò per la prima volta la sua passione nei Sinottici, fa fatica a comprendere fino in fondo la logica di Gesù. Nel suo dialogo con il maestro durante il gesto della lavanda dei piedi si rivela il senso più vero e profondo della vita di Gesù, che i suoi discepoli devono saper accogliere per avere parte con lui. I discepoli, che hanno seguito il maestro, hanno visto le sue opere e ascoltato il suo insegnamento, devono fare un ultimo passo per comprendere veramente chi è Gesù per loro e il senso del suo ministero. Il passo che manca loro è quello di accettare Gesù fino in fondo, fino al dono della sua vita negli eventi della passione. Per questo Gesù a Pietro dice: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo» (Gv 13,7). Infatti solo dopo gli eventi della passione i discepoli potranno veramente comprendere il senso della lavanda dei piedi che Gesù compie nei loro confronti.

Il racconto dell’istituzione dell’eucaristia viene riportato nella versione di Paolo nella seconda lettura. Questo racconto ci aiuta a fare un passo ulteriore, in continuità con ciò che abbiamo già affermato in riferimento al brano di Giovanni. Il racconto della cena nella Prima Lettera ai Corinzi ha un tono particolare rispetto alle versioni sinottiche. Paolo tramanda il racconto della cena, che lui stesso ha ricevuto, come antidoto contro le divisioni della comunità di Corinto. In questo brano quindi emerge in modo molto evidente il rapporto tra eucaristia e chiesa/comunità. Non abbiamo quindi unicamente la cronaca di ciò che Gesù fece nell’ultima cena con i suoi discepoli, ma anche il senso della ripetizione dei suoi gesti e delle sue parole per i credenti di ogni generazione. Ripetere i gesti e le parole di Gesù celebrando l’eucaristia, per i suoi discepoli significa annunciare la sua morte e quindi renderla feconda di vita e di comunione per la vita della Chiesa (1Cor 11,26).

I tre testi che compongono la liturgia della Parola del Giovedì santo sono tutti caratterizzati da un comando di ripetizione. Nel brano dell’Esodo Mosè afferma: «Questo giorno sarà per voi un memoriale… lo celebrerete come un rito perenne» (Es 12,14). Nel brano paolino troviamo per due volte il comando del Signore «Fate questo in memoria di me!» (1Cor 11,24.25). Infine, dopo aver lavato i piedi ai discepoli, Gesù afferma: «Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13,15). Grazie all’obbedienza al comando di ripetizione, i credenti possono sperimentare oggi nella loro vita quella salvezza e liberazione di Dio che nella Pasqua si è manifestata. Per i discepoli questa immagine significa che per essere veramente seguaci di Gesù dovranno fare un ultimo passo, quello di lasciarsi lavare i piedi, cioè di accettare Gesù nei giorni della sua passione. La lavanda dei piedi ci annuncia che per essere veramente discepoli di Gesù anche noi dobbiamo accettare che egli ci lavi i piedi, cioè accoglierlo nel momento in cui per noi dona la vita nella morte di croce.